In Etiopia ancora morti

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I combattenti del Fronte di liberazione del popolo del Tigrè (Tplf) hanno perso il controllo della città di di Shiraro, situata a circa 50 chilometri dal confine con l’Eritrea. È quanto dichiarato dal generale Tadesse Worede, comandante in capo delle Forze di difesa del Tigrè (Tdf), a un’emittente televisiva regionale. Oltre a Shiraro, le forze governative ed eritree hanno inoltre ripreso il controllo di Addi Arkay, una città lungo il confine tra le regioni del Tigrè e dell’Amhara, sotto il controllo delle forze tigrine da più di un anno. “Le forze governative hanno in programma di prendere il controllo di Axum, Adigrat, Shire ed entrare a Macallè (la capitale del Tigriè”, ha affermato il generale Tadesse, aggiungendo che l’obiettivo finale di Addis Abeba e di Asmara è di “disarmare” le forze del Tigrè. “Il popolo tigrino sta affrontando un attacco coordinato che può essere definito il più grande mai visto”, ha aggiunto. Nessuna conferma ufficiale è per ora giunta da parte del governo, che finora ha mostrato grande riserbo sui dettagli dei combattimenti. All’inizio di questa settimana il comandante in capo delle Forze di difesa federali (Endf), il feldmaresciallo Berhanu Jula, ha affermato che le sue truppe stanno “sventando con successo gli attacchi lanciati” dalle forze del Tigrè, senza fornire dettagli.

I nuovi sviluppi avvengono dopo che almeno 10 persone sono state uccise in un nuovo raid aereo condotto questa mattina nella capitale regionale del Tigrè, Macallè. Lo riferiscono fonti ospedaliere citate dai media locali, secondo cui cinque delle vittime sono morte durante il tragitto verso l’Ayder Referral Hospital di Macallè, mentre gli altri cinque sono morti al momento dell’attacco, avvenuto nel quartiere di Midre Genet. Il raid ha fatto seguito ad un altro attacco con droni che ieri ha preso di mira l’Università di Macallè e la sede di un’emittente televisiva locale, provocando il ferimento di una persona. In un tweet pubblicato questa mattina, il portavoce del Fronte di liberazione del popolo del Tigrè (Tplf), Getachew Reda, aveva denunciato che un numero non precisato di civili sono stati uccisi negli attacchi condotti in una zona residenziale. Ieri lo stesso Reda aveva accusato il governo di aver effettuato nuovi attacchi con droni nella capitale regionale Macallè, due giorni dopo aver dichiarato di essere pronte per un cessate il fuoco immediato. In un tweet, il portavoce tigrino aveva affermato che l’obiettivo degli attacchi dei droni è stato un campus universitario. Il governo etiope non ha ancora risposto alle accuse e non vi è al momento alcuna conferma indipendente sull’accaduto a causa di un continuo blackout delle comunicazioni.

In un’intervista rilasciata alla “Bbc”, lo stesso portavoce ha ribadito ieri che la pace è ancora la “scelta strategica” dei tigrini, affermando che i combattimenti sono stati loro imposti. “La pace è la nostra scelta strategica. Insistiamo ancora sul fatto che quello che è essenzialmente un problema politico può essere risolto solo attraverso il dialogo”, ha detto il portavoce, che insieme al generale Tsadkan Gebretensay, è stato nominato dalle forze del Tigrè a capo della squadra negoziale in vista dei colloqui di pace con il governo. In un altro tweet pubblicato ieri pomeriggio, il portavoce ha quindi affermato che il governo dell’Etiopia non è nelle condizioni di negoziare un accordo di pace con i tigrini solo dopo essersi assicurato “una posizione di forza” dal momento che questo significherebbe sconfiggere e annientare il popolo del Tigrè. “Se qualcuno nella comunità internazionale nutre ancora l’illusione che Abiy Ahmed risponda affermativamente all’appello del governo del Tigrè per un accordo condiviso per la cessazione delle ostilità una volta che si sarà assicurato ‘una posizione di forza’ nella disastrosa campagna che ha lanciato tre settimane fa resterà sicuramente deluso per almeno due motivi. Innanzitutto, non esercitando abbastanza pressione su questi recidivi, (la comunità internazionale) sta permettendo al regime e ai suoi alleati eritrei di versare più sangue nel perseguimento di un obiettivo genocida. Ancora più importante, una posizione di forza è difficile da raggiungere se stai cercando di sconfiggere e annientare il popolo del Tigrè. La serie di offensive Abiy e Isaias (Afwerki) lanciata ha colpito un muro di mattoni. Le loro forze sono allo sbando su molti fronti con decine di migliaia di soldati messi fuori combattimento. Altro che una posizione di forza!”, ha aggiunto.
Il Tplf ha dichiarato domenica scorsa di essere pronto per un cessate il fuoco e ha aperto per la prima volta ad un processo di pace guidato dall’Unione africana. “Il governo del Tigrè è pronto a partecipare a un solido processo di pace sotto gli auspici dell’Unione africana”, si legge in una dichiarazione dell’amministrazione del Tigrè, in cui i ribelli si dicono inoltre “pronti a rispettare una cessazione immediata e concordata delle ostilità al fine di creare un’atmosfera favorevole”. Sebbene il governo federale di Addis Abeba si fosse detto precedentemente pronto per colloqui incondizionati “sempre e ovunque”, mediati dall’Ua, le ultime fasi del conflitto non lasciavano fino ad oggi sperare una concreta svolta positiva verso la pace. La dichiarazione tigrina è stata accolta con favore dal capo della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, il quale ha definito la decisione del Tplf “un’opportunità unica per il ripristino della pace” e ha esortato “entrambe le parti a lavorare con urgenza per un cessate il fuoco immediato, impegnarsi in colloqui diretti”. Da parte sua il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha invitato in una dichiarazione “le parti a cogliere questa opportunità di pace e ad adottare misure per porre fine definitivamente alle violenze e optare per il dialogo”, e ha sostenuto che le Nazioni Unite sono pronte a sostenere il processo di pace guidato dall’Ua. Da parte etiope, il ministro della Pace Taye Dendea ha definito l’annuncio del Tplf su Twitter come un “bello sviluppo”, insistendo tuttavia sul fatto che “le cosiddette Tdf (le Forze di difesa del Tigrè) devono essere disarmate prima dell’inizio dei colloqui di pace”.

La dichiarazione dei tigrini, pubblicata nel giorno del Capodanno etiope, non cita precondizioni al dialogo, pur sottolineando di aspettarsi un processo di pace “credibile” con mediatori “reciprocamente accettabili” e osservatori internazionali. Nel testo si precisa inoltre che una squadra negoziale che include il portavoce del Fronte di liberazione popolare del Tigrè (Tplf), Getachew Reda, e il generale Tsadkan Gebretensae, un ex capo dell’esercito etiope ora al comando militare centrale del Tigrè, era “pronta per essere schierata senza indugio”. In precedenza, il leader del Tplf Debretsion Gebremichael aveva proposto all’inizio di questo mese una tregua condizionale chiedendo “accesso umanitario illimitato” e il ripristino dei servizi essenziali nel Tigrè, regione che soffre di una grave carenza di cibo e servizi, dall’elettricità alle comunicazioni, alla rete bancaria. Debretsion aveva chiesto il ritiro delle forze eritree da tutta l’Etiopia e il ritiro delle truppe dal Tigrè occidentale, una regione contesa rivendicata sia dai tigrini che dagli amhara, il secondo gruppo etnico più grande del paese. Il leader tigrino ha detto che il presidente della Commissione africana Faki ha tenuto colloqui sabato sia con Obasanjo, l’ex presidente nigeriano, sia con l’inviato statunitense per il Corno d’Africa, Mike Hammer, in visita nel Paese fino al prossimo 15 settembre. In un messaggio inviato ieri a tutti gli etiopi, Hammer ha espresso l’auspicio che tutte le parti in conflitto possano “avere il coraggio di scegliere i colloqui anziché i combattimenti e partecipare a un processo guidato dall’Unione africana che produca una pace duratura”.

Fonti: Articolo del 14/9/22 di Nova News. Foto Tempi.it