Ha provocato un’ondata di proteste in Guatemala l’improvvisa destituzione, da parte della procuratrice generale Consuelo Porras, del procuratore anticorruzione Juan Francisco Sandoval, uomo simbolo della lotta contro l’impunità.
Nulla di nuovo sotto il sole: già l’ex presidente Jimmy Morales, raggiunto da accuse di malversazione, aveva provveduto nel 2018, tra le proteste popolari, a porre fine unilateralmente all’accordo con la Cicig, la Commissione internazionale contro l’impunità che in 11 anni aveva inferto colpi durissimi alla corruzione nel paese.
E per quanto la decisione del presidente fosse stata poi ribaltata dalla Corte costituzionale, era risultato ben presto chiaro che per la Commissione non ci sarebbe stato alcun futuro: eletto nel 2019 sulla base di un programma centrato sul pugno di ferro contro la criminalità, ma non certo contro la corruzione, il nuovo presidente Alejandro Giammattei non aveva infatti manifestato la minima intenzione di rinnovare l’accordo.
Di un’«alleanza criminale» tra i due governi parla non a caso la ex dirigente studentesca Lenina García che, già nel 2015, aveva preso parte alle massicce proteste culminate con la caduta dell’ex presidente Otto Pérez Molina e della sua vice Roxana Baldetti, accusati proprio dalla Cicig di corruzione e finanziamenti illeciti e oggi in prigione.
A sette anni da quelle manifestazioni, García accusa Morales e Giammattei di essersi «incaricati di spianare il terreno a favore della corruzione», con la benedizione dei settori economici minacciati dalle indagini condotte dalla Cicig dal 2007 al 2019.
Era scontato che, prima o poi, giungesse anche il turno del capo della Procura speciale contro l’impunità, che aveva lavorato a fianco della Cicig e ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali, anche da parte dal Dipartimento di Stato Usa. Non per niente, come ha dichiarato Sandoval poche ore prima di lasciare il paese per motivi di sicurezza, non appena le denunce di corruzione avevano iniziato a lambire la figura di Giammattei, erano cominciati gli intralci alle indagini.
Fino all’improvvisa destituzione del 23 luglio, giustificata prima con l’accusa di presunte mancanze di rispetto da parte del procuratore speciale e poi con quella di portare avanti una giustizia selettiva e ideologizzata.
Scontata anche la reazione della popolazione che, dando seguito alle proteste del 2015 e del 2018, è scesa nuovamente in strada, in oltre 90 località di quasi tutti i 22 dipartimenti, bloccando giovedì diverse strade del paese per chiedere la rinuncia tanto di Giammattei, già sotto accusa per la gestione della pandemia, quanto di Consuelo Porras.
E contro la procuratrice generale, nominata proprio da Morales nel 2018, si sono schierati anche undici deputati dell’opposizione, esigendo in una lettera le sue dimissioni immediate: «Provoca rifiuto totale e indignazione profonda l’improvvisa, illegale e arbitraria destituzione del procuratore», hanno dichiarato i deputati, accusandola di non essere «né indipendente né idonea a mantenere l’incarico».
La rimozione di Sandoval, sostituito da Porras con una procuratrice di sua fiducia, Carla Valenzuela, ha provocato anche la reazione del governo statunitense, che martedì ha annunciato la sospensione temporanea della cooperazione con la procura.
Una misura definita «controproducente» da Giammettei, il quale si è detto «preoccupato» per le conseguenze sugli obiettivi comuni della lotta contro il crimine organizzato e la corruzione, incaricando il ministro degli Esteri di chiedere aiuto ad altri «paesi amici».
Fonte: articolo di Claudia Fanti del 31/07/21, Il Manifesto. Foto di Free Press