Il genocidio nel Tigray etiope

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Il premio Nobel per la Pace Abiy Ahmed era certo di vincere la guerra in pochi giorni. Aveva preventivato tre settimane, invece gli è andata male. La guerra lampo, così la chiamava Hitler (in tedesco Blitzkrieg), è “una tattica militare basata su manovre rapide finalizzate a sfondare le linee nemiche, ad accerchiare e isolare, per poi annientare, le loro unità, a colpire in tempi brevi i punti vitali degli avversari” come spiegano i manuali militari.

La Guerra Lampo di Abiy si è trasformata in un genocidio, finalizzato a distruggere l’avversario su basi etniche. Un genocidio che viene negato dal governo etiopico e dai suoi alleati. E che in Occidente passa sotto colpevole silenzio.

Accuse alle NGO

Il Nobel accusa le agenzie che si occupano di tutela dei diritti umani di dire il falso, di descrivere la guerra con argomenti inesistenti e fraudolenti. Sostiene che i loro rapporti sono menzogneri e hanno l’unico scopo sia quello di voler danneggiare l’immagine dell’Etiopia.

Abiy come il suo socio e sodale alleato eritreo, il tiranno Isaias Afeworki, ha cacciato le NGO dal suo Paese. Meglio ammazzare senza testimoni. Medici Senza Frontiere (3 dei loro assassinati ad Abiady), UNICEF, Save The Children, WFP e ONU sono stati espulsi per avere denunciato ciò che hanno visto.

In realtà quanto da loro riportato è soltanto la punta dell’iceberg di quanto sta accadendo in Tigray. Pallottole e bombardamenti sono il male minore per i civili. Fame, sete, mancanza di medicine, di carburanti, di comunicazioni, confisca di qualsiasi valuta depositata in banca e arresto totale del sistema bancario, nessuno stipendio da 17 mesi, ignoranza (scuole distrutte e 2 anni di blocco nell’insegnamento), stupri di bambine, donne, anziane, suore tigrine: questa è l’orribile realtà.

I maschietti sono evirati, i raccolti bruciati, gli animali domestici massacrati. Furti, saccheggi, bombardamenti a tappeto che distruggono villaggi e centri abitati. Impossibilità di far arrivare sementi e di procurarsi beni essenziali come il latte in polvere per i neonati.

Sottoposto ad assedio

Il Tigray è sottoposto ad assedio e preso per fame come ai tempi dei barbari. Queste sono le armi utilizzate dal genocidio. Uno spettacolo già visto in Europa, in Armenia, nel Kurdistan, in Ruanda solo per citare alcuni degli abominevoli massacri provocati dalle feroci ideologie razziste.

La partecipazione alla mattanza, sempre colpevolmente negata, di eritrei e somali, descritti come bestie feroci peggiori dei federali etiopi, è documentata ora da chi riesce a scappare per cercare rifugio in Sudan o dove può. Il Tigray è circondato, a nord dall’Eritrea e a sud dai governativi; la sua popolazione, quindi, è intrappolata e rischia di esser totalmente eliminata.

Voli sospesi

I voli nazionali sono sospesi da 2 anni, gli aeroporti di Axum e Shirè sono fuori uso. Anche quelli umanitari dell’ONU, occasionalmente disponibili per residenti, stranieri e operatori di ONG, sono soppressi.

L’Ethiopian Airlines, compagnia civile, viene adoperata per aviotrasportare militari e armi da Addis ad Asmara. Un utilizzo che comporterebbe la cancellazione della compagnia quale vettore legale in qualsiasi aeroporto del mondo. Ma anche qui tutti chiudono gli occhi e fanno finta di non vedere e capire.

Ma ci sarebbe da chiedere perché il genocidio in atto in Tigray è tenuto a un livello molto basso dai media internazionali, tutti intenti invece a raccontare con dovizia di particolari la guerra in Ucraina.

Guadagnare tempo

Un’astuzia estrema nell’uso dei media che si coniuga perfettamente con la strategia del guadagnare tempo in finti incontri diplomatici, dichiarazioni fasulle e contrastanti: intanto ogni giorno centinaia di poveracci innocenti muoiono di fame, di sete, di malattie curabili. Disperati e soli.

C’è da chiedersi come la semplice constatazione di non permettere la libera entrata di osservatori indipendenti e di giornalisti, non sia sufficiente per destare sospetti e punti interrogativi sulle dichiarazioni di Abiy, dei suoi ambasciatori e dei suoi rappresentanti in tutto il mondo. Intanto il mercato delle armi prospera e il mercato nero gonfia le tasche dei criminali, spesso in giacca e cravatta!

In Tigray ci sono “solo” 6 milioni di persone da annientare. Tante quanto gli ebrei gassati nei forni crematori in Europa. A genocidio compiuto la comunità internazionale organizzerà altre commemorazioni ipocrite?

Martellamento di droni

Intanto le truppe eritree entrate in Etiopia e quindi nel Tigray, continuano la loro offensiva. I combattimenti sono continui con alterne vicende e continuano i martellamenti dei droni forniti ai governativi dai turchi e dagli emirati.

La città di Shiraro, nei pressi di Badme, è passata di mano diverse volte. Ora è controllata dagli eritrei, ma circondata dai tigrini. A Shire, 80 chilometri dal confine tra i due Paesi la situazione è tranquilla anche se il clima è tesissimo e la paura si taglia con il coltello.

Stessa cosa ad Axum, Adua e Adigrat. I centri abitati però si stanno riempiendo di profughi disperati e affamati. Sempre i federali hanno sferrato un attacco nella zona Kobo/Robit, sulla strada che unisce Makallè ad Addis Abeba, ma non sono riusciti a sfondare. E’ stato aperto un nuovo fronte nella regione Afar, dove si combatte a Birhe Abala.

Arrestato leader del Fano

Venerdì è stata bombardata di nuovo la capitale Makallè. Colpita la zona residenziale vicino a Desta Hotel, nei cui pressi c’è la vecchia stazione autobus: un morto accertato.

Anche la situazione politica è confusa; giovedì a Bahar Dar i federali hanno arrestato Zemine Kassa, uno dei leader del Fano, gruppo giovanile amhara che all’inizio del conflitto in Tigray era schierato con il governo centrale.

Fonti: Articolo del 26/09/22 di Africa Express. Foto Gariwo.