Città del Messico – Città del sud-est del Messico (nel Chiapas) al confine con il Guatemala, Tapachula è diventata un imbuto naturale in cui restano imprigionati migliaia di migranti in rotta verso gli Stati Uniti.
Migliaia di persone che speravano di raggiungere gli Stati Uniti si sono ritrovate detenute o bloccate qui, per mesi, in attesa di un visto umanitario (un permesso di soggiorno concesso ai rifugiati perseguitati nei loro paesi d’origine).
Chi non riesce a ottenerlo finisce spesso nel più grande centro di detenzione della regione, il Siglo XXI. Un inferno dove i profughi-ostaggio riferiscono di non aver ricevuto cibo. E di essere stati depredati dei loro effetti personali, compresi i documenti, dai funzionari che gestiscono questa struttura.
Comincia così il racconto di quest’odissea, nel reportage di Lilian Perlmutter, per “The New Humanitarian”: una testata indipendente, fondata dalle Nazioni Unite nel 1995 sull’onda del genocidio del Rwanda, nella convinzione che la documentazione dal vivo delle crisi umanitarie potesse mitigare se non prevenire catastrofi di quella portata.
Siglo XXI, ha ospitato fino a 1.200 migranti in qualsiasi momento quest’anno (almeno 300 al di sopra della capacità), molti dei quali in attesa di espulsione.
All’inizio di agosto, un haitiano è morto in cattività. Subito dopo, 126 venezuelani detenuti sono stati rimpatriati nel loro paese.
Circa il 40% dei migranti e dei richiedenti asilo proviene da nazioni al di fuori del Messico e dall’America centrale, secondo l’OCHA, (l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari).
Il Messico è stato a lungo una difficile stazione di passaggio per i migranti in rotta verso gli Stati Uniti. Ma è probabile che le condizioni difficili peggiorino: sotto il presidente Joe Biden, gli Stati Uniti hanno pressato silenziosamente il Messico per accettare più migranti da Cuba, Nicaragua e Venezuela, secondo un rapporto dell’agenzia Reuters.
Il Messico accetta già i rimpatri degli Stati Uniti di migranti provenienti da Guatemala, Honduras ed El Salvador. Finora, circa 299.000 persone provenienti da queste nazioni sono state espulse al confine, rispetto ai circa 9.000 rimpatri da Cuba, Nicaragua e Venezuela.
Le forti pressioni degli USA sul Messico, riguardo a queste tre particolari nazionalità illustra la profonda preoccupazione dell’amministrazione Biden per il loro attraversamento del confine. La maggior parte dei migranti provenienti da Cuba, Nicaragua e Venezuela che attraversano gli Stati Uniti sono autorizzati a rimanere per perseguire le richieste di asilo, poiché sono difficili da espellere a causa delle gelide relazioni diplomatiche con i loro governi.
Molti migranti e richiedenti asilo si trovano intrappolati in un labirinto amministrativo, subiscono le malversazioni di funzionari corrotti mentre viaggiano attraverso regioni pericolose, vittime di violenze di gruppi criminali organizzati.
Tra ottobre 2021 e settembre 2022, la Polizia di Frontiera degli Stati Uniti ha arrestato 2 milioni di migranti entrati illegalmente negli States (il 20% in più rispetto allo stesso periodo di un anno fa).
Ma anche molti di coloro che non vengono arrestati versano in condizioni ugualmente tristi. Come quelli che giungono, ad esempio, nel centro di accoglienza Jesús el Buen Pastor: persone che dormono all’aperto per mancanza di letti, una ciotola di fagioli per cena e bagni traboccanti. Il rifugio ha ospitato da 1.000 a 1.400 persone in qualsiasi momento, rispetto alle sole 500 degli anni precedenti.
La maggior parte dei rifugiati oggi al Buen Pastor sono venezuelani, cubani e haitiani. Il loro numero è aumentato quest’anno, mentre la violenza e la fame in Centro America hanno alimentato un flusso costante di profughi anche da quella regione.
Secondo COMAR, la Commissione del governo messicano per l’aiuto ai rifugiati, 67.000 persone hanno chiesto lo status di rifugiato tra gennaio e luglio di quest’anno (più di quattro volte le 16.000 persone che hanno presentato domanda nello stesso periodo dell’anno scorso, quando il Messico ha registrato il terzo numero più alto di richiedenti asilo a livello mondiale.
Quasi tutti sono passati per Tapachula. Negli ultimi mesi, hanno dormito nel Parque Bicentenário e in altre piazze centrali di Tapachula.
“Dei sette paesi in cui ho viaggiato, il Messico è stato il peggiore nel trattamento dei migranti di passaggio” ha detto detto Américo Daniel, arrivato a Tapachula insieme a una “carovana di migranti”, che si raggruppano per motivi di sicurezza.
Tra i suoi compagni di viaggio c’erano cittadini di oltre una dozzina di paesi, fino al Bangladesh. Ma la maggior parte proveniva dall’America Latina e dai Caraibi. Molti venezuelani e haitiani avevano attraversato, due settimane prima, il Darién Gap, una pericolosa striscia di giungla senza strade che collegava Colombia e Panama.
A nord di Tapachula, nella città di Huixtla, il checkpoint più grande del Messico (costruito nel 2014 con l’assistenza finanziaria degli Stati Uniti) funziona più come un vasto deposito di autobus che come un posto di blocco. Coloro che riescono a superare i numerosi posti di blocco sparsi fino al confine settentrionale del Messico con gli Stati Uniti rischiano ancora la violenza dei narcos e i rapimenti a scopo di riscatto. Come pure abusi da parte delle autorità statunitensi e messicane.
Ad agosto, circa 6.800 migranti in media sono stati arrestati ogni giorno al confine con gli Stati Uniti: il loro numero giornaliero ha raggiunto il picco ad aprile, di circa 8.000 persone.
L’unico modo per evitare lunghi mesi d’attesa a Tapachula è unirsi a una carovana. Questa estate se ne è formata una che è la più grande mai realizzata in Messico, con circa 10.000 persone che hanno lasciato Tapachula il 3 giugno.
Finora quest’anno, l’INM ha bloccato quasi il doppio del numero di migranti rispetto al 2021. A metà giugno, un gruppo di venezuelani, visti umanitari alla mano, è salito a bordo di un autobus nello stato di Coahuila, nel nord del Messico, diretto alla città di Acuña, un popolare punto di passaggio per il Texas. Le truppe della Guardia Nazionale hanno fermato l’autobus e hanno ordinato a tutti a bordo di scendere e dirigersi a sud, a Monterrey, per non subire violente conseguenze.
Le carovane di migranti in Messico riflettono un flusso migratorio record verso gli Stati Uniti, dove la Polizia di frontiera (Customs and Border Protection) ha finora intercettato più di 1,7 milioni di persone nell’anno fiscale 2022, iniziato lo scorso ottobre.
Nella prima metà del 2022, il Messico ha ricevuto un record di oltre 58.000 richieste di asilo, con un aumento annuo di quasi il 15%, secondo la Commissione messicana per l’assistenza ai rifugiati (Comar).
In attesa del visto la condizione dei profughi-ostaggio, già peggiorata durante la pandemia, è aggravata dall’alto grado di corruzione della burocrazia dell’Istituto Nazionale per le Migrazioni. Se un migrante vuole ottenere i suoi documenti senza problemi, deve pagare il pizzo: i permessi arrivano solo in cambio di dollari. Molti dollari. Che i migranti non hanno.
I cambiamenti nei comportamenti e nelle politiche delle autorità dall’inizio della pandemia di COVID-19 hanno ostacolato il lavoro delle organizzazioni umanitarie che cercano di aiutare i milioni di persone che attraversano l’America centrale e latina.
Una di queste accompagnava i migranti dal confine guatemalteco a Tapachula, per assicurarsi che arrivassero sani e salvi. Ora, l’INM non lo permette: lo chiamano “traffico di esseri umani”.
Al Comitato Internazionale della Croce Rossa sono ancora consentiti colloqui privati con i migranti detenuti, privilegio non più esteso ad altre organizzazioni umanitarie, come il centro Fray Matías di Cordova.
E la situazione non migliorerà anche se il numero di migranti dovesse diminuire nei prossimi mesi. Cosa che comunque non accadrà, perché guardando Cuba in questo momento e il numero di persone che si spostano, in questi giorni, attraverso Panama i numeri aumenteranno”.
Fonti: Articolo del 24/09/22 di KmZero0. Foto di Tempi.it