L’Esercito del Myanmar, che controlla il Paese dal primo febbraio scorso, ha minacciato di arrestare i cittadini che investiranno in obbligazioni emesse dal governo di unità nazionale (GUN), nato in contrapposizione alle autorità militari, il 26 novembre.
I militari hanno avvertito che l’acquisto delle obbligazioni in questione, emesse a partire dal 22 novembre scorso, prevede lunghe pene detentive per il coinvolgimento in quello che è stato definito finanziamento “terroristico”. Il portavoce del governo militare, Zaw Min Tun, ha ricordato che il GUN è stato messo fuorilegge e classificato come “organizzazione terroristica” l’8 maggio scorso, quindi coloro che hanno fornito finanziamenti saranno soggetti a gravi accuse.
Il GUN ha dichiarato di aver raccolto 9,5 milioni di dollari nelle prime 24 ore dall’inizio dell’emissione delle sue obbligazioni, ovvero a partire dal 22 novembre. Le obbligazioni sono state messe in vendita principalmente a cittadini del Myanmar all’estero in tagli da 100, 500, 1.000 e 5.000 dollari, con una durata di due anni. Secondo quanto riferito, i proventi delle obbligazioni a tasso zero finanzieranno la “rivoluzione” del GUN contro i militari, in risposta al colpo di Stato del primo febbraio e alla “sanguinosa repressione delle proteste”. Tuttavia non è stato specificato come sarebbero stati utilizzati tali fondi. Il GUN non ha poi rivelato quanti acquirenti hanno preso parte alla vendita, che richiede ai partecipanti di trasferire fondi su un conto in Repubblica Ceca.
Il Myanmar versa in una situazione di crisi interna da quando l’Esercito ha preso il potere il primo febbraio scorso, dopo aver arrestato, la leader del governo civile che è stato rovesciato, Aung San Suu Kyi, l’allora presidente, Win Myint, e altre figure di primo piano dell’esecutivo. I poteri legislativi, esecutivi e giudiziari sono stati trasferiti al comandante in capo delle forze armate, Min Aung Hlaing, mentre il generale Myint Swe è stato nominato presidente ad interim del Paese. L’Esercito ha giustificato le proprie azioni denunciando frodi elettorali avvenute durante le elezioni dell’8 novembre 2020, che avevano decretato vincitore con l’83% dei voti la Lega nazionale per la Democrazia (NDL), il partito allora al governo con a capo Aung San Suu Kyi. Tali votazioni sono state annullate e l’Esercito ha promesso nuove elezioni entro agosto 2023. Intanto, il primo agosto, è stato nominato un nuovo governo provvisorio di cui Min Aung Hlaing è primo ministro e che ha sostituito il Consiglio di amministrazione di Stato che aveva fino ad allora guidato il Paese, effettuando un passaggio da un consiglio militare ad un governo transitorio.
In risposta a tali eventi, dal 6 febbraio, sono nati sia un movimento di disobbedienza civile, con il quale molti dipendenti pubblici hanno lasciato il proprio impiego, sia proteste della popolazione, che l’Esercito ha represso con la violenza. Secondo gli attivisti citati dalle Nazioni Unite, più di 1.200 civili sono stati uccisi nelle proteste. In secondo luogo, l’Esercito ha ripreso a combattere contro diverse milizie etniche presenti da decenni in Myanmar, le quali si sono avvicinate ai manifestanti fornendo loro anche addestramento militare. I combattimenti nelle aree periferiche del Paese stanno generando centinaia di migliaia di sfollati. Infine, il 16 aprile scorso, più membri del Parlamento birmano deposti, alcuni leader delle proteste e altri rappresentanti di alcune minoranze etniche del Paese hanno istituito il governo di unità nazionale (GUN), che, dal 5 maggio scorso, ha un corpo armato noto come Forza di difesa del popolo. Il GUN e le sue milizie sono stati classificati come un gruppo terroristico l’8 maggio scorso. Il 7 settembre scorso, il presidente ad interim del GUN, Duwa Lashi La, ha dichiarato lo stato di emergenza e ha lanciato una “guerra difensiva”.
A livello internazionale, più attori stanno facendo pressioni sui militari birmani. L’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN), di cui il Myanmar è un membro, ad esempio, ha escluso Min Aung Hlaing da un vertice il 26 ottobre scorso per non aver fatto fede all’impegno di ridurre le violenze nel Paese. L’ASEAN aveva preso posizione dopo che i militari avevano respinto le richieste dell’inviato speciale del blocco, Erywan Yusof, di incontrare la leader del governo civile deposto Suu Kyi.
Fonte: Articolo del 27/11/21 Sicurezza Internazionale. Foto: AGC Communication