In Myanmar terremoto e bombe

Nemmeno il terremoto ferma la guerra in Myanmar. Non sono neanche stati estratti dalle macerie tutti i morti e feriti, che il giorno dopo il sisma la giunta militare al potere prova a farne altri. Sotto le bombe dei golpisti, secondo le Forze di Difesa del Popolo (Pdf), il braccio armato del Governo di unità nazionale dell’opposizione (Nug), sono finiti ieri il villaggio di Nwe Khway (distretto di Chaung U a Sagaing), situato nella regione epicentro del terremoto, Ley Wah (Stato di Kayin) e Pyu (Bago).

POCHE ORE PRIMA, il generale Min Aung Hlaing a capo dei golpisti visitava Mandalay, la seconda città più grande del Myanmar (1,7 milioni di abitanti), la più vicina all’epicentro e sotto il controllo della giunta, dove si contano almeno 1.500 edifici danneggiati e sono crollati ponti, palazzi, monasteri, un ospedale e un albergo. Meno di 24 ore prima, il numero uno delle giunta aveva inusualmente chiesto al mondo assistenza internazionale. Una richiesta subito accolta da Cina e Russia (tra i principali sostenitori e fornitori di armi dei golpisti), India, Russia, Singapore, Francia, dall’Unione europea (già stanziati 2,5 milioni di euro) e dagli Stati uniti. Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato di aver attivato il suo sistema di gestione delle emergenze e la mobilitazione del suo centro logistico a Dubai. Alcuni aerei sono già pronti a partire, anche se l’aeroporto di Mandalay, al momento di scrivere risulta ancora chiuso a causa dei danni subiti. Toccherà poi vedere come i militari gestiranno questi aiuti, viste le precedenti esperienze del ciclone Mocha di due anni fa e del tifone Yagi del settembre scorso.

THOMAS ANDREWS, relatore speciale dell’Onu sui diritti umani in Myanmar, ha dichiarato in un post su X che la risposta dei militari ha mostrato la loro «volontà di fare degli aiuti un’arma nel mezzo di catastrofi naturali». Sulla stessa linea anche Cecilia Brighi: «In passato gli aiuti non sono mai finiti all’intera popolazione ma sono stati sequestrati e gestiti dalla giunta», ricorda la segretaria generale dell’associazione Italia-Birmania Insieme, tra le organizzazioni che hanno immediatamente avviato raccolte fondi da inviare in tutte le aree colpite dal sisma. L’ufficio delle Nazioni unite per gli affari umanitari (Ocha) denuncia la carenza di «kit traumatologici, sacche di sangue, anestetici, dispositivi di assistenza, medicinali essenziali e tende per gli operatori sanitari».

AL MOMENTO di andare in stampa le vittime accertate erano 1.644, un bilancio quasi sicuramente destinato a salire e a venire aggiornato a lungo. Testimoni sul posto riferiscono di stare scavando a mani nude con la giunta militare che ha dichiarato lo stato d’emergenza in sei delle sette regioni del Paese: Sagaing, Mandalay, Magway, Naypyidaw, Bagonel e in parte dello Stato Shan. Per lo United States Geological Survey il bilancio finale potrebbe essere compreso tra 10mila e 100mila morti, le perdite economiche superare il Prodotto interno lordo annuale del Paese. L’epicentro del sisma, a nord-ovest della città di Sagaing, ricade in una zona del Myanmar centrale sotto il controllo dei ribelli che combattono la giunta militare salita al potere con un colpo di Stato il primo febbraio 2021 o contese ai militari golpisti, che secondo le ultime stime controllerebbero meno di un quarto del Paese. Aree dove sia internet, sia l’energia elettrica sono stati staccati dai golpisti, le infrastrutture sono carenti e le già precarie istituzioni civili sono state riattivate solo in parte e grazie al lavoro volontario delle comunità. Testimoni sul posto riferiscono di non aver mai visto in vita loro nulla di simile.

PER GLI EDIFICI rimasti in piedi o lievemente danneggiati si temono ora eventuali scosse di assestamento. Il Myanmar è un’area sismicamente attiva, trovandosi lungo la Faglia di Sagaing, un confine tettonico tra la micropiastra birmana e la Placca indiana, che spinge verso nord-est scontrandosi con l’Asia ed essendo dritta come una linea retta quando libera energia può provocare terremoti come questi in grado di investire grandi aree. Il terremoto che ha colpito venerdì il Myanmar è ritenuto il più potente registrato nell’area dal 1946: 7,7 di magnitudo seguito pochi minuti dopo da una seconda scossa da 6,7. A causa della profondità relativamente bassa (10 chilometri) è avvertito in tutto il sud-est asiatico fino alla Cina. Lo stato di emergenza è stato dichiarato persino a Bangkok, la capitale della confinante Thailandia, dove ancora si scava per cercare (anche con l’ausilio di robot) eventuali superstiti del crollo di un grattacielo di 30 piani in costruzione, nel quale gli operai erano al lavoro al momento del sisma.

LE VITTIME accertate per ora sono 11 e centinaia di persone sono state costrette a trascorrere la scorsa notte all’aperto, le segnalazioni di danni sono oltre 2.000 e sono in corso le ispezioni per verificare l’agibilità degli edifici. Ma mentre su Bangkok calata la sera la città resta illuminata a giorno e le ricerche continueranno tutta la notte, nel Myanmar al suo quinto anno di guerra al volgere al termine del secondo giorno dopo il sisma è calato ancora più del solito il buio. Con altri sfollati destinati ad aggiungersi agli oltre 3 milioni e alle 6.000 vittime civili già provocati dal conflitto in corso da quattro anni.

Fonti: Articolo del 30/03/25 de Il Manifesto. Foto Agensir