Il 31 gennaio la giunta militare birmana ha prorogato di sei mesi lo stato d’emergenza, che scadeva a mezzanotte, rinviando di fatto ancora una volta le elezioni che si era impegnata a organizzare dopo il colpo di stato del 1 febbraio 2021.
Il consiglio di difesa guidato dal capo della giunta Min Aung Hlaing ha preso questa decisione all’unanimità, in un momento difficile per l’esercito, costretto sulla difensiva dai gruppi etnici ribelli e da quelli per la democrazia.
“La pace e la stabilità sono ancora lontane”, ha affermato il capo della giunta durante la riunione, che si è tenuta nella capitale Naypyidaw, secondo un comunicato diffuso il 31 gennaio.
L’esercito aveva assunto il potere con la forza il 1 febbraio 2021, denunciando presunti brogli nelle elezioni legislative del 2020, vinte dal partito della premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, le accuse erano infondate.
Da allora lo stato d’emergenza è stato prorogato più volte.
La costituzione birmana del 2008 prevede che le elezioni siano organizzate entro sei mesi dalla revoca dello stato d’emergenza.
Alcuni paesi occidentali e le organizzazioni per i diritti umani hanno però avvertito che le elezioni sarebbero comunque una farsa, in assenza dell’opposizione e in un contesto di repressione del dissenso.
Secondo le Nazioni Unite, i combattimenti hanno causato più di seimila morti e 3,5 milioni di sfollati.
Il 30 gennaio alcuni esperti delle Nazioni Unite hanno affermato che sia l’esercito sia i ribelli hanno commesso gravi crimini in Birmania.
Secondo le stime, quasi venti milioni di persone, più di un terzo della popolazione, avranno bisogno di aiuti umanitari nel 2025.
Alla metà di gennaio i ministri degli esteri dell’Associazione delle nazioni del sudest asiatico (Asean) avevano chiesto alla Birmania di dare la priorità a un accordo di tregua con i gruppi ribelli.
Fonti: Articolo del 31/01/2025 di Internazionale. Foto de l’osservatore romano.