In Bolivia ballottaggio tra destre

Il capolavoro è compiuto. Evo Morales e Luis Arce hanno realizzato l’impresa che per vent’anni avevano inseguito invano le forze conservatrici: la distruzione della sinistra e la condanna all’irrilevanza del Mas, il Movimento al Socialismo.

Dinanzi alla crisi economica, a cui il governo Arce non è stato capace di dare risposta, e alla logorante lotta di potere tra l’ex presidente Evo Morales e il suo ex pupillo, quello stesso popolo che nel 2020 aveva trionfato sulle forze golpiste ha deciso infatti, alle presidenziali di domenica, di punire l’intera sinistra: solo quarto il presidente del Senato Andrónico Rodríguez, candidato di Alianza Popular, con l’8,2% dei voti e addirittura sesto il candidato del Mas Eduardo del Castillo con un misero 3,2%, appena sopra la soglia che consente alla forza politica che ha guidato il paese per vent’anni di non perdere la personalità giuridica. E se ai seggi al giovane Andrónico hanno addirittura tirato le pietre, sia Arce che del Castillo sono stati accolti da bordate di fischi da parte della gente in fila per votare.

AL BALLOTTAGGIO del 19 ottobre andranno così, come previsto, due candidati di destra, ma con una grossa sorpresa: fuori il favorito Samuel Doria Medina – che ha probabilmente scontato la sua vicinanza al controverso imprenditore Marcelo Claure e al golpista Luis Fernando Camacho , al primo posto, con il 32% dei voti, è arrivato, smentendo tutti i sondaggi, il figlio dell’ex presidente Jaime Paz Zamora (1989-1993) e candidato del Partido Demócrata Cristiano Rodrigo Paz Pereira, ex sindaco di Tarija, seguito da Jorge Tuto Quiroga, dell’Alianza Libre, con quasi il 27%. Quanto a Evo Morales, che, dopo aver tentato invano di boicottare il processo elettorale per protesta contro la sua esclusione, aveva lanciato la campagna a favore del voto nullo, neppure lui ha raggiunto il suo obiettivo, per quanto ostenti soddisfazione per il risultato. Se il 19% di voti nulli sono espressione del sostegno di cui ancora gode, per lo più nel Tropico di Cochabamba, con tale percentuale non sarebbe comunque andato al di là del quarto posto.

Eppure l’alternativa c’era: se Morales e Arce, dopo il loro scontro fratricida, avessero fatto entrambi un passo indietro lasciando spazio a una candidatura unitaria, almeno il ballottaggio – così indicano i numeri – la sinistra avrebbe forse potuto conquistarlo. Ma se Arce alla fine questo passo lo ha fatto, benché con un livello di approvazione inferiore all’1%, si sia trattato piuttosto di una scelta obbligata, niente e nessuno avrebbe probabilmente dissuaso Morales dal tentativo di riconquistare il potere: il suo chiodo fisso fin dal suo ritorno in Bolivia dopo la fuga durante il golpe del 2019.

NON FACILE, in ogni caso, l’eredità lasciata del Mas, protagonista in passato di un miracolo economico dalle basi assai fragili: il crollo della produzione e dell’esportazione del gas, l’inevitabile frutto del modello estrattivista seguito per vent’anni, ha provocato una cronica carenza di dollari, con conseguente difficoltà a importare carburante – una penuria che obbliga la popolazione a lunghe file dinanzi ai benzinai – e un vertiginoso aumento del costo della vita.

QUESTO IL QUADRO che attenderà il vincitore del ballottaggio del 19 ottobre, che tutto indica possa essere proprio Rodrigo Paz, considerando che il quattro volte candidato e sempre sconfitto Doria Medina, terzo con quasi il 20% dei voti, ha dichiarato che al secondo turno il suo sostegno andrà a lui.

Come sia balzato al primo posto – facendo il pieno proprio nelle regioni tradizionalmente fedeli alla sinistra – tutti gli analisti se lo stanno chiedendo: probabilmente ad avvantaggiarlo è stato il suo profilo di outsider, alternativo al Mas ma anche alle candidature più tradizionali della destra, gli eterni Quiroga e Doria Medina, in corsa per la presidenza fin dal 2005 (sebbene il primo sia riuscito a esercitarla per un anno, in seguito alle dimissioni del dittatore Hugo Banzer, di cui era vice, nel 2001). Un ruolo importante, però, lo ha giocato anche il suo vice, l’ex poliziotto Edman Lara, noto per le sue denunce contro la corruzione dei suoi superiori.

NATO IN ESILIO in Spagna nel 1967, durante gli anni turbolenti dei governi militari – il padre fu l’unico sopravvissuto dell’incidente aereo del 2 giugno 1980, pianificato, pare, contro di lui dal di lì a poco dittatore Luis García Meza – Rodrigo Paz, più moderato rispetto a Quiroga, si presenta come difensore di uno stato più snello e di un «capitalismo per tutti e non per pochi». Di certo né lui né tanto meno il suo avversario hanno intenzione di realizzare le riforme strutturali di cui ha urgentemente bisogno il paese, a cominciare dal superamento di un modello basato sull’esportazione di materie prime senza valore aggiunto, attraverso l’industrializzazione delle risorse naturali e una diversificazione produttiva.

Fonti: Articolo del 19/08/25 de Il Manifesto. Foto