I tre gruppi sono rimasti ai margini del crescente conflitto scoppiato fra le milizie e i militari che detengono il potere dal febbraio del 2021, quando hanno organizzato un colpo di Stato con il quale hanno rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi.
La giunta militare al potere in Myanmar ha tenuto colloqui con tre gruppi armati che detengono il controllo di aree in cui si terranno prossimamente delle elezioni. Lo ha riferito ai media il portavoce dello Shan State Progress Party (Sspp), gruppo che controlla il territorio dello Stato settentrionale di Shan e che ha incontrato le autorità insieme ai leader dell’United Wa State Party (Uwsp) e del National Democratic Alliance Army.
I tre gruppi sono rimasti ai margini del crescente conflitto scoppiato fra le milizie e i militari che detengono il potere dal febbraio del 2021, quando hanno organizzato un colpo di Stato con il quale hanno rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi. Secondo il portavoce dell’Sspp, colloqui fra le parti sono in corso nella capitale Naypyidaw. I militari “ci hanno chiesto di consentire loro di tenere elezioni libere ed eque nella nostra zona”, ha spiegato l’Ssspp. In Myanmar sono presenti circa 20 eserciti ribelli formati da gruppi etnici diversi, che per anni si sono combattuti fra di loro per rivendicare rispettive autonomie o accaparrarsi la gestione delle risorse naturali o del traffico di droga in alcune aree. Con una forza permanente di circa 25mila uomini, il braccio militare dell’Uwsp, l’United Wa State Army (Uwsa), è uno dei più grandi eserciti non statali del mondo. Il mese scorso le forze armate del Myanmar hanno incontrato cinque gruppi etnici ribelli più piccoli, che in seguito hanno rilasciato una dichiarazione congiunta a sostegno dei piani del governo militare di tenere elezioni sul territorio.
Il governo militare del Myanmar sta conducendo preparativi in vista di elezioni nel mese di agosto, con l’intenzione di stabilizzare la situazione politica nel Paese dopo il golpe di febbraio 2021. Durante le celebrazioni per il Giorno dell’indipendenza, il 4 gennaio, il capo della giunta, generale Min Aung Hlaing, ha confermato i piani del governo e sollecitato il popolo birmano e la comunità internazionale a sostenere i preparativi per l’elezione, che il generale ha definito cruciale per “la fioritura genuina e disciplinata di un sistema democratico multipartitico”. La giunta dovrebbe compiere un passo cruciale verso l’elezione il mese prossimo, con la scadenza dello stato di emergenza imposto dopo il golpe del 2021. A tale scadenza dovrebbe coincidere un cambio di nome del governo militare, ufficialmente noto come “Consiglio di amministrazione dello Stato” (Sac). Secondo Hlaing, “una volta compiute le disposizioni dello stato di emergenza, elezioni libere ed eque si terranno in linea con la Costituzione del 2008, e ulteriori misure verranno assunte per cedere le funzioni pubbliche al partito vincitore in accordo con gli standard democratici”. Il capo della giunta ha criticato le “intromissioni” di Paesi stranieri negli affari interni del Myanmar, e ha ringraziato Paesi come Cina, India e Thailandia per la cooperazione “positiva” con Phnom Penh. “Vorrei ringraziare alcuni Paesi, individui e organizzazioni regionali e internazionali che hanno cooperato positivamente con noi (…) nel pieno di tutte le pressioni, le critiche e gli attacchi”, ha dichiarato Hlaing. “Stiamo lavorando a stretto contatto con Paesi vicini come Cina, India, Thailandia, Laos e Bangladesh. Lavoreremo assieme per la stabilità dei confini e lo sviluppo”, ha aggiunto il generale.
Nel frattempo Aung San Suu Kyi, consigliera di Stato del Myanmar deposta al culmine del golpe militare verificatosi a febbraio 2021, è stata nuovamente condannata per corruzione dalla magistratura di quel Paese il 30 dicembre. Lo ha riferito un funzionario legale, secondo cui una corte ha emesso una condanna a sette anni di reclusione a carico della leader politica, nell’ultimo dei verdetti per i molteplici capi d’accusa formulati a suo carico dalla giunta militare birmana. L’ultima sentenza riguardava in particolare cinque capi d’accusa relativi alla presunta violazione delle norme anti-corruzione in vigore nel Paese. Aung San Suu Kyi si trova attualmente detenuta in un penitenziario di Naypyidaw, senza la possibilità di consultarsi con i suoi avvocati ad eccezione dei giorni fissati per le udienze dei processi a suo carico. Nell’arco degli ultimi 12 mesi la consigliera di Stato deposta era stata già condannata a un totale di 26 anni di reclusione per diversi reati, dalla violazione delle misure di contenimento della pandemia, sino allo spionaggio e alla corruzione. In questo contesto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato il 21 dicembre la sua prima risoluzione sul Myanmar dopo il colpo di Stato militare: nel documento si chiede alla giunta guidata dal generale Min Aung Hlaing di liberare tutti i prigionieri politici, inclusa la deposta consigliera di Stato Aung San Suu Kyi e l’ex presidente Win Mying, e si sollecita la fine delle violenze, che restano intense in particolare nelle zone più remote del Myanmar.
Fonti: Articolo del 07/01/23 di Nova.news. Foto di Domani.