Nel corso degli ultimi mesi le forze armate di Myanmar (Tatmadaw), che rispondono alla giunta golpista, hanno commesso crimini di guerra nei due Stati Kayin e Kayah (aria orientale della Birmania al confine con la Thailandia), dove hanno sottoposto le popolazioni karen e karenni a punizioni collettive attraverso bombardamenti aerei e terrestri, arresti arbitrari spesso seguiti da torture o da esecuzioni extragiudiziali e sistematici saccheggi e distruzioni di villaggi.
Da alcuni decenni, negli stati di Kayin e Kayah, gruppi armati su base etnica lottano per ottenere maggiori diritti e l’autonomia, tuttavia la situazione si era calmata con il cessate-il-fuoco in vigore dal 2012. La situazione è precipitata dopo il golpe militare del 1 febbraio 2021, che ha rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi, la de facto premier, nonostante il risultato delle elezioni le avesse garantito una maggioranza parlamentare più solida. Questo ha fatto riesplodere la guerra in tutto il paese dove, oltre all’esercito “regolare”, vi sono decine di formazioni militari autonomiste della periferia da sempre in lotta col governo centrale.
Dall’inizio della guerra tutti gli eserciti hanno accresciuto le loro fila grazie al reclutamento volontario di migliaia di giovani birmani sia nelle file delle autonomie armate sia nei gruppi di autodifesa organizzati dal governo ombra clandestino (Nug). Il sito Assistance Association for Political Prisoners riporta che a oggi sono state registrate 1.878 persone uccise dalla giunta e quasi 14mila arresti. La violenza quindi è molto diffusa, sia attraverso vere e proprie operazioni militari (gli eserciti autonomisti possiedono anche armi pesanti), sia con piccole operazioni come attentati e omicidi mirati di collaborazionisti del regime della giunta militare.
La repressione delle forze armate di Myanmar è quindi molto dura in tutte le zone della Birmania, tuttavia il rapporto di Amnesty International intitolato “Pallottole piovute dal cielo: Crimini di guerra e sfollamento nell’Est del Myanmar”, si concentra in particolare sui due Stati Kayin e Kayah i quali stanno subendo gravissime perdite perché la popolazione cerca difesa in Thailandia. Nel rapporto Amnesty ha documentato 24 attacchi con artiglieria o mortai tra dicembre 2021 e marzo 2022 in cui sono stati uccisi o feriti civili e sono stati distrutti monasteri, abitazioni, scuole, strutture sanitarie e chiese. Otto attacchi aerei hanno colpito campi profughi nell’est di Myanmar. Molti attacchi dell’esercito di Myanmar hanno preso di mira direttamente le popolazioni, ritenute in blocco sostenitrici dei gruppi armati o comunque contrarie al colpo di stato. Si è trattato quindi di crimini di guerra. Gli attacchi ripetuti e massicci nei confronti di una popolazione civile come uccisioni, torture, trasferimenti forzati e persecuzioni per motivi etnici sono anche considerati crimini contro l’umanità.
Il 24 dicembre 2021, uno dei rari casi che hanno portato a una condanna a livello internazionale, i soldati stazionati nei pressi del villaggio di Mo So, nello stato di Kayah, hanno fermato una carovana di mezzi privati con a bordo 35 donne, uomini e bambini uccidendoli uno per uno. Grazie alle analisi satellitari e ai dati relativi agli incendi, Amnesty ha verificato che tra febbraio e marzo 2022 molti villaggi sono stati dati alle fiamme da parte dell’esercito. Inoltre nel corso dell’ultima settimana di maggio, secondo i residenti e i media locali, i soldati dell’esercito di Myanmar, con un raid iniziato il 26 maggio hanno fatto irruzione nei villaggi sparando in aria, spaventando i residenti, in soli tre giorni hanno dato fuoco a centinaia di case nei villaggi di Kinn e Ke Taung. Un residente, in condizione di anonimato, ha dichiarato: «La mattina dopo abbiamo visto il fumo salire dal nostro villaggio prima che se ne andassero. Più di 200 case sono state completamente bruciate. La mia è stata completamente distrutta, rimangono solo le fondamenta di cemento1». Le immagini riprese da un drone, ottenute da AFP, mostrano colonne di fumo che salgono dai villaggi citati, situati sulle rive del fiume Chindwin.
In tutto le persone sfollate sono oltre 150.000, un numero equivalente a una proporzione tra un terzo e la metà della popolazione dello stato di Kayah, che sopravvivono in condizioni terrificanti, tra malnutrizione e malattie, anche perché le forze armate di Myanmar ostacolano l’arrivo degli aiuti umanitari.
Irrawaddy ha scritto:
«I DONATORI e le organizzazioni umanitarie devono aumentare in modo significativo gli aiuti ai civili nel Myanmar orientale e i militari devono interrompere tutte le restrizioni alla fornitura di aiuti», ha dichiarato Matt Wells, vicedirettore per la risposta alle crisi di Amnesty. Ma non è semplice. Il Nug e tre organizzazioni autonomiste – Karenni National Progressive Party (Knpp), Karen National Union (Knu) Chin National Front (Cnf) – si sono infatti appena opposte alla decisione dell’Asean (associazione regionale del Sudest asiatico) di fornire aiuti umanitari attraverso il regime militare, argomentando che la giunta li politicizzerebbe per nascondere le sue atrocità. Alla vigilia dell’arrivo dell’inviato speciale Onu Noleen Heyzer, hanno invitato le Nazioni unite e il Comitato internazionale della Croce Rossa – scrive Irrawaddy – a negoziare con Asean, India e Thailandia, per consentire che agli aiuti arrivino davvero a chi ne ha bisogno».
Fonti: Articolo del 15/06/22 di Pressenza. Foto di Greenreport