Il punto di svolta è l’aprile 2018.
Allora, una raffica inedita di proteste nonviolente di cittadini di tutti i gruppi sociali fece barcollare il regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo.
Le chiese aprirono le porte ai manifestanti in fuga dalla brutale repressione delle “turbas”, paramilitari armati e pagati dal governo.
Immediatamente il presidente – che si definisce cattolico devoto – inserì vescovi, sacerdoti e, ora, perfino la Santa Sede, nella lista dei “nemici”.
Il giro di vite è arrivato due anni fa: prima Ortega ha chiuso ogni spazio di libertà della società civile, facendo piazza pulita di media indipendenti, organizzazioni civili, antagonisti reali e presunti.
Poi sono iniziati gli attacchi alla Chiesa, ultima realtà indipendente rimasta.
In cinque anni, la ricercatrice Martha Molina in un nuovo rapporto ha documentato 667 aggressioni, i tre quarti sono avvenuti a partire dalla fine del 2021.
Ben 19 sacerdoti – tra cui i vescovi Rolando Alvarez e Silvio Baez – sono stati dichiarati “traditori della patria” e privati della cittadinanza.
Al momento, oltre a monsignor Alvarez, condannato a 26 anni per sovversione, sono in carcere otto preti. Altri tre sono sotto inchiesta, tra loro anche il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua.
Fonti: Articolo di Avvenire del 05/10/23. Foto de Il Foglio.