Il governo etiope e il fronte nazionale di liberazione del Tigray hanno raggiunto l’accordo sul cessate il fuoco per mettere fine all’indefinita scia di morte che la guerra interna si trascina da da due anni. A Pretoria, in Sudafrica, grazie alla mediazione dell’Unione Africana, le due parti hanno concordato sulla fine permanente delle ostilità e su un disarmo ordinato e coordinato. Il leader della delegazione tigrina Getachew Reda ha ammesso di aver fatto “concessioni dolorose perché mettere fine alle sofferenze del nostro popolo è molto più importante”.
I dettagli dell’accordo non ancora disponibili, e lasciano spazio anche a diversi interrogativi. Il più importante è se i due eserciti lasceranno definitivamente la possibilità alle organizzazione internazionali di consegnare aiuti umanitari a una popolazione stremata. Non secondarie saranno anche le reazioni dell’Eritrea e del governo della regione degli Amara. Non ci si aspetta che dopo aver partecipato attivamente alla guerra accettino un accordo che non hanno negoziato
Le forze eritree, che hanno collaborato con l’esercito etiope, sono state incolpate dei peggiori abusi commessi durante il conflitto, tra cui stupri di gruppo, e considera il fronte tigrino come una minaccia per la propria integrità territoriale.
Ma se il governo tigrino non si è ancora espresso sui negoziati di pace, Tewodrose Tirfe, presidente dell’Associazione Amara d’America, ha già dichiarato che difficilmente l’etnia che lui rappresenta da lontano sarà disposta ad accettare i termini negoziati da altri.
I combattimenti sono ripresi ad agosto dopo mesi di tregua che hanno permesso a migliaia di camion di aiuti di entrare nella regione.