Elezioni senza candidati Il 7 novembre in Nicaragua più di 4 milioni di cittadini sono chiamati alle urne per eleggere il presidente della repubblica e 90 deputati dell’assemblea nazionale. Sono le prime elezioni dopo le proteste antigovernative scoppiate nell’aprile del 2018, che avevano colto di sorpresa giornalisti e analisti politici e avevano fatto parlare di una primavera nicaraguense. Invece le manifestazioni sono state represse con la violenza e il malcontento è stato messo a tacere. Secondo il rapporto del Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti (Giei), dal 18 aprile al 30 maggio 2018 “lo stato ha criminalizzato qualsiasi forma di protesta da parte della popolazione, ha arrestato leader studenteschi e politici, ha perseguitato giornalisti e mezzi d’informazione indipendenti con lo scopo preciso di impedire qualsiasi atto di protesta contro il governo”. Più di due anni dopo l’atteggiamento del presidente sandinista Daniel Ortega e della moglie e vicepresidente Rosario Murillo non è cambiato. Anzi, la repressione del dissenso è diventata la cifra stilistica della coppia al governo, che sempre disposta a tutto per rimanere al potere.
Arresti arbitrari Negli ultimi mesi il governo sandinista ha arrestato tutti i possibili candidati dell’opposizione, compresi alcuni ex compagni di guerriglia di Ortega, come Dora María Téllez e Hugo Torres. “Senza candidati che rappresentino un’alternativa reale a Ortega, senza dibattiti, senza campagna elettorale, senza osservatori internazionali né il lavoro della stampa il voto del 7 novembre è una farsa dal risultato già noto: il leader sandinista otterrà il suo quarto mandato consecutivo”, scrive El Faro. Oltre a Ortega ci sono altri cinque candidati – il più noto è il pastore evangelico Guillermo Osorno – ma nessuno è stato scelto dall’opposizione. L’opposizione ha invitato i nicaraguensi a boicottare le elezioni e a rimanere in casa: con l’hashtag #NicaraguaSíPuede un video diffuso sui social network denuncia l’inutilità di uno scrutinio in cui i cittadini non hanno possibilità di esprimersi. A proposito di social network, il 1 novembre 2021 l’azienda Meta, di proprietà di Facebook, ha annunciato di aver eliminato più di mille account usati dal governo di Managua per manipolare il dibattito pubblico e attaccare l’opposizione.
Indifferenza pericolosa La soluzione ai problemi del Nicaragua e alla sua crisi politica e di libertà civili è a Managua, non a Bruxelles né a Washington, scrive il giornalista Carlos Fernando Chamorro. Ma per mettere fine allo stato di polizia in vigore nel paese centroamericano dal 2018 servono l’aiuto e la collaborazione della comunità internazionale, perché “l’inazione è la principale alleata delle dittature”.
Fonte: Articolo di Internazionale, del 5/11/21. Foto Il fatto quotidiano