Washington concluderà il programma di aiuti per la Cambogia per proteggere il santuario noto come Prey Lang Wildlife Sanctuary, a causa dell’aggravarsi della deforestazione e per la crescente repressione degli attivisti che si battono per la tutela delle risorse naturali. La decisione si colloca in un quadro di tensioni tra USA e Cambogia riguardanti la base navale cambogiana di Ream.
L’ambasciata statunitense ha annunciato, il 17 giugno, che gli USA hanno investito oltre 100 milioni di dollari per combattere la deforestazione del Prey Lang Wildlife Sanctuary ma, nonostante alcuni progressi, gli alti tassi di disboscamento illegale sono continuati. In particolare, dal 2016, tale area avrebbe perso circa 38.000 ettari di foresta, quasi il 9% della sua copertura boschiva. L’ambasciata statunitense ha quindi accusato le autorità cambogiane di non perseguire adeguatamente i crimini contro la fauna selvatica e di non interrompere con efficacia le attività illecite. Oltre a questo, a detta statunitense, il governo metterebbe a tacere e prenderebbe di mira coloro che esprimono preoccupazione rispetto alla questione a livello locale e nella società civile in generale. Durante lo scorso mese di febbraio, ad esempio, le autorità avevano arrestato e poi rilasciato attivisti ambientali che protestavano all’interno del santuario.
Gli aiuti finora erogati per il Prey Lang Wildlife Sanctuary saranno reindirizzati per sostenere la società civile, il settore privato e gli sforzi locali. L’ambasciata ha poi affermato che continuerà a impegnarsi con il governo per combattere il cambiamento climatico e sulle questioni ambientali di interesse reciproco e globale, anche attraverso il partenariato Mekong-USA.
Da parte sua, il governo cambogiano ha smentito il verificarsi di attività di disboscamento illegale su larga scala nel santuario e ha affermato che la fine del programma di aiuti degli Stati Uniti ha dimostrato che il Paese è ora in grado di proteggere l’ambiente da solo. L’esecutivo cambogiano ha sottolineato che i crimini su larga scala non si verificano più ma che persistono crimini su piccola scala.
Il comunicato dell’ambasciata statunitense è arrivato a pochi giorni di distanza dall’11 giugno scorso, quando il vicedirettore generale della politica e degli affari esteri al Ministero della Difesa cambogiano, Suon Samnang, aveva affermato che l’addetto alla difesa uscente degli USA, Marcus Ferrara, durante un’ispezione ad un sito presso la base navale di Ream, aveva avanzato ulteriori richieste di controllo non concordate e che non sono state soddisfatte. Il ministero della Difesa della Cambogia aveva quindi affermato che le azioni degli Stati Uniti avrebbero potuto “incidere negativamente sulle relazioni di difesa” tra i due Paesi e aveva insistito sul fatto che Washington debba rispettare la sovranità di Phnom Penh e la classificazione militare adottata.
L’ispezione di Ferrara era stata richiesta da Washington dopo la visita della vice segretaria di Stato degli USA, Wendy Sherman, in Cambogia, lo scorso primo giugno. In tale occasione, Sherman aveva espresso le preoccupazioni di Washington per la crescente e potenziale presenza militare cinese nella base navale cambogiana di Ream, situata sulla costa del Golfo di Thailandia.
Quest’ultima aveva attirato l’attenzione di Washington da quando era emerso, a partire dal 2 ottobre 2020, che la Cambogia aveva demolito alcune strutture erette dagli USA nella base. Tra gli ultimi episodi che hanno innescato i sospetti di Washington vi sono state più segnalazioni rispetto alla scomparsa di infrastrutture edificate dagli USA nella base navale di Ream, l’ultima tra le quali risale al 9 novembre 2020. L’allarme era arrivato dal Centre for Strategic and International Studies (CSIS), con sede negli USA, che già dal precedente 2 ottobre aveva pubblicato immagini riguardanti la distruzione di un edificio costruito dagli USA a Ream. Washington, che teme la possibilità di un accordo militare Cina-Cambogia, aveva quindi chiesto al governo cambogiano di fornire una spiegazione a tali immagini. La risposta era arrivata due giorni dopo, quando l’esecutivo cambogiano aveva affermato che l’abbattimento della struttura servirà per ampliare la base navale e che l’edificio sarebbe stato ricollocato.
Rispetto alla presenza cinese a Ream, le autorità cambogiane hanno più volte ribadito che il governo di Pechino sta contribuendo alla ristrutturazione della base, ribadendo che ospitare sul proprio suolo forze armate straniere violerebbe la Costituzione cambogiana. I sospetti degli USA rispetto un possibile accordo tra Pechino e Phnom Penh sono nati nel 2019, quando gli USA avevano offerto assistenza alla Cambogia per eseguire lavori di riparazione alla base navale di Ream ma avevano ricevuto in risposta un “no” e avevano quindi chiesto alla Cambogia di motivare tale decisione. L’esecutivo cambogiano ha sempre negato l’esistenza di un accordo segreto tra Cina e Cambogia.
La Cina è un importante alleato per la Cambogia sia dal punto di vista politico, sia da quello economico, tant’è vero che, il 20 luglio 2020, la Cina e la Cambogia hanno completato i negoziati per un accordo di libero scambio, firmato poi durante la visita del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, in Cambogia il successivo 12 ottobre. Oltre a questo, la Cambogia ha deciso di partecipare al progetto delle Nuove Vie della Seta, lanciato dal presidente cinese, Xi Jinping, nel 2013, e di sfruttarlo come motore per lo sviluppo nazionale.
Fonte: Articolo di Camilla Canestri, Sicurezza internazionale 17/06/21.
Fonte foto: EUNEWS