Un’indagine di BBC ha accusato l’esercito etiope dell’uccisione di almeno 15 persone disarmate nel Tigrè, la regione dell’Etiopia dove negli ultimi mesi l’esercito etiope ha combattuto contro le milizie legate al Fronte di liberazione del Tigrè (TPLF).
L’indagine si è sviluppata a partire dallo studio di alcuni video circolati online all’inizio di marzo che mostravano l’uccisione di un gruppo di persone in abiti civili da parte di soldati dell’esercito etiope. BBC è riuscita a confermare che i video fossero stati girati nel Tigré e che i soldati ripresi indossavano divise dell’esercito etiope: non è certo quando sia stato girato il video, ma altri elementi suggeriscono che possa essere stato girato a gennaio 2021.
La guerra era iniziata nella prima settimana di novembre 2020, dopo mesi di tensioni tra governo federale e governo regionale del Tigrè controllato dal Fronte di liberazione del Tigrè (TPLF), partito che per moltissimo tempo aveva dominato la politica nazionale dell’Etiopia e che aveva iniziato a perdere importanza dopo l’insediamento a capo del governo del primo ministro Abiy Ahmed, nel 2018.
Nelle settimane precedenti all’inizio degli scontri militari il TPLF sembrava sicuro di poter vincere la guerra contro l’esercito etiope, ma a fine novembre l’esercito del governo centrale aveva preso il controllo della capitale del Tigré, Macallé, dichiarando la fine della guerra.
Gli scontri non sono tuttavia terminati: le forze del Tigrè controllano ancora alcune aree della regione, anche se fuori dai principali centri urbani, e dalla fine della guerra è iniziata una fase di guerriglia ancora in corso.
Già nelle prime settimane di scontri erano state uccise migliaia di persone, mentre secondo stime del governo temporaneo del Tigrè circa 2 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case e circa 4 milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari. Tantissimi abitanti della regione sono scappati verso il Sudan per il timore di subire violenze o ritorsioni da parte dell’esercito del governo centrale e ci sono state numerose accuse di violenze etniche, di stupri, e in generale di violazioni dei diritti umani, anche se tutte difficili da confermare.
Alcuni dei video che avevano cominciato a circolare all’inizio di marzo sui social network mostravano un gruppo di soldati in divisa etiope uccidere e spingere in un dirupo un gruppo di almeno 15 persone disarmate e in abiti civili. In uno dei video, che mostra i soldati armati che circondano il gruppo di civili, una persona non inquadrata dice «non libereremo queste persone. Nessuno sarà risparmiato». In un altro video si sente invece qualcuno suggerire di registrare l’uccisione dei civili.
BBC ha ottenuto cinque video ed è riuscita a ricostruire alcune informazioni utili per poter confermare quello che mostrano. Sui social era stato sostenuto che i video fossero stati girati nei pressi della cittadina di Mahbere Dego, nel Tigré; analizzando i profili delle montagne e altri elementi topografici che si vedono nel video e confrontandoli con immagini satellitari, BBC ha potuto confermarlo. Anche il fatto che i soldati in divisa nel video siano etiopi sembra sicuro: lo confermano le divise che indossano e la lingua che li si sente parlare. Allo stesso modo, le persone che nei video vengono uccise parlano la lingua del Tigré.
BBC non ha trovato elementi utili per confermare quando siano stati girati i video, ma ci sono alcuni indizi che fanno pensare che possano riferirsi agli ultimi mesi di scontri. Un abitante di Mahbere Dego ha detto a BBC che a gennaio 73 persone della città erano state prese dai soldati etiopi e non avevano più fatto ritorno. Una seconda persona sentita da BBC, che vive in un villaggio della zona, ha detto che suo fratello era stato ucciso a gennaio vicino a Mahbere Dego. BBC non è però riuscita a confermare l’identità di nessuna delle persone mostrate nel video, soldati o civili.
Il governo etiope, rispondendo a richieste di chiarimento da parte di BBC, ha detto di essere aperto a un’indagine indipendente, aggiungendo però che i video circolati sui social network non dovrebbero essere considerati prove valide. A inizio marzo il primo ministro etiope Abiy Ahmed – che nel 2019 ha ricevuto il premio Nobel per la pace per i suoi sforzi per raggiungere la pace con l’Eritrea – aveva ammesso che c’erano indicazioni di atrocità commesse nella regione del Tigré e aveva promesso che i soldati responsabili sarebbero stati individuati e puniti.
Fonte: Articolo de Il post, 3/04/21; foto vaticannews.va