Il 9 dicembre l’esercito tailandese ha annunciato la morte di altri due soldati, uno dei quali nell’esplosione di una granata vicino al tempio conteso di Preah Vihear, patrimonio mondiale Unesco.

Circa trenta soldati sono rimasti feriti da quando sono riprese le ostilità, ha precisato.

Il ministero della difesa cambogiano ha invece riferito della morte di altri tre civili.

Decine di migliaia di persone sono state costrette a lasciare le loro case su entrambi i lati del confine.

Le violenze di luglio

L’8 dicembre il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres e l’Unione europea avevano invitato i due paesi ad astenersi da qualunque azione che potesse aggravare la situazione.

Bangkok e Phnom Penh si erano già scontrate per cinque giorni a luglio, causando 43 morti e costringendo circa 300mila persone a lasciare le loro case.

Il 26 ottobre i due paesi avevano firmato un accordo di cessate il fuoco, che la Thailandia aveva però sospeso a novembre in seguito all’esplosione di una mina, che aveva ferito alcuni soldati.

A ottobre le due parti si erano impegnate a ritirare le armi pesanti, a bonificare le zone di confine e a proseguire il dialogo, ma nulla era stato definito nel merito.

La Cambogia e la Thailandia sono da tempo in conflitto riguardo al tracciato della loro frontiera comune, lunga più di ottocento chilometri e definita in gran parte da accordi firmati all’epoca dell’occupazione francese dell’Indocina.