Una crisi umanitaria attanaglia il Myanmar.
Oltre 1,4 milioni di persone sono sfollate in tutto il paese, a causa del conflitto civile in corso. Gli scontri armati, aggravati da rigide misure di sicurezza, restrizioni di accesso e minacce contro gli operatori umanitari, continuano a ostacolare le operazioni umanitarie in tutto il Myanmar, afferma l’Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari umanitari (OCHA).
Secondo fonti di Fides, sono diverse le regioni della nazione in cui si combatte con grande sofferenza dei civili. In particolare le organizzazioni umanitarie sperano che un accordo informale di cessate il fuoco tra l’esercito di Arakan e le forze armate del Myanmar possa consentire l’assistenza necessaria nel Rakhine e nello stato di Chin, dove l’accesso è stato limitato da settembre.
Gli operatori umanitari sono preoccupati per la nuova legge sulla registrazione delle ONG, recentemente approvata, molto restrittiva, che avrà un impatto negativo sugli sfollati interni.
La “Legge sulla registrazione delle organizzazioni”, in vigore dalla fine di novembre, limita il modo in cui le associazioni locali possono lavorare con i partner internazionali. Molte ONG locali non si registreranno, poiché non vogliono, in tal modo, conferire una sorta di legittimità alla giunta militare.
La mancata registrazione impedisce, però, di svolgere opera umanitaria, ed è punita con la reclusione fino a cinque anni e una multa di quasi 2.500 euro. Dato che le agenzie internazionali si affidano alle ONG locali per gran parte di loro interventi e progetti, risulterà molto più difficile fornire in modo indipendente aiuti umanitari.
La giunta militare dispone già di un vasto elenco di gruppi della società civile definiti “terroristi” e potrebbe ampliarlo ulteriormente per soffocare i flussi di aiuti internazionali.
Intanto “l’inflazione dei prezzi delle materie prime, anche per cibo e carburante, sta aggravando lo stress socioeconomico sulle comunità, sia nelle aree remote, sia nella città”, notano fonti di Fides in Myanmar.
“L’assistenza umanitaria oggi in corso è largamente insufficiente”, si nota, in quanto è subordinata alla cessazione delle ostilità tra l’esercito che si scontra sia con le milizie etniche sia con le Forze di Difesa Popolari (PDF), nate all’indomani del colpo di stato del febbraio 2021.
“Attacchi frequenti e indiscriminati, inclusi attacchi aerei e colpi di artiglieria in aree civili, causano vittime e paura diffusa tra i civili. Lo sfollamento continua ad aumentare”, affermano alcuni religiosi contattati da Fides.
Secondo dati Onu, si si stima che, in un anno e mezzo di conflitto, siano state distrutte quasi 31.000 proprietà civili, come case, chiese, monasteri e scuole, anche se le cifre sono difficili da verificare.
Il livello di distruzione delle proprietà civili, in particolare delle abitazioni, unito al deterioramento della situazione della sicurezza, non fa altro che prolungare lo sfollamento di migliaia di persone.
“La sofferenza è aggravata da pesanti restrizioni all’accesso di aiuti umanitari, anche in zone di grave crisi o per interventi salvavita.
Alla fine di settembre le Nazioni Unite, le ONG e i partner locali, nonostante il contesto operativo ristretto e i finanziamenti limitati, sono riusciti a raggiungere quasi 3,9 milioni di persone in tutto il Myanmar, con particolare attenzione alle zone difficili da raggiungere”, afferma l’OCHA.
Con il nuovo quadro legislativo questa assistenza sarà notevolmente penalizzata e in molti casi nn sarà più possibile, con pesanti ripercussioni sui gruppi più svantaggiati e vulnerabili.
Fonti: Articolo del 06/12/22 di Agenzia Fides. Foto di Articolo21