Aumenta la rivolta in Myanmar

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Dopo aver conquistato le regioni al confine con la Cina, l’offensiva militare contro la giunta che dal 2021 è al potere nel Myanmar sta dilagando verso l’ovest del Paese, nelle aree montagnose che separano l’ex Birmania dall’India. Secondo un portavoce del Chin National Front, le truppe ribelli avrebbero già conquistato due postazioni sulla frontiera, una notizia che – pur senza aver ricevuto conferme ufficiali dai governi di New Delhi e Naypyidaw – sembra essere avvalorata dal fatto che nella giornata di ieri 43 soldati dell’esercito regolare birmano hanno cercato rifugio al di là del confine con lo Stato indiano del Mizoram.

Secondo la Chin Human Rights Organisation i soldati fuggiti in India sarebbero stati responsabili in passato di atrocità verso la popolazione locale e avrebbero attraversato il confine per evitare rappresaglie. In serata New Delhi ha fatto sapere di avere riconsegnato alle autorità birmane 39 dei 43 uomini.

L’attacco sul fronte occidentale giunge dopo che alla fine di ottobre tre formazioni ribelli avevano messo da parte vecchie rivalità, si erano federate e avevano attaccato numerose postazioni dell’esercito regolare, comprese alcune caserme, nelle regioni settentrionali dello Stato di Shan, al confine con la Cina. Nel giro di pochi giorni di combattimenti i guerriglieri hanno assunto il controllo di tre città e due importanti vie di comunicazione con il Paese confinante. «Stiamo continuando i nostri attacchi nel nord dello Stato di Shan», ha spiegato martedì Kyaw Naing, un portavoce della Myanmar National Democratic Alliance Army.

Questa settimana è stata invece la volta di due Stati occidentali, Chin e Rakhine, dove lo schema si è ripetuto. L’attacco contro gli accampamenti dell’esercito regolare è scattato alle 4 di lunedì mattina e dopo diverse ore di combattimenti un gruppo di un’ottantina di ribelli ha assunto il controllo dei due insediamenti. «Andremo avanti – ha spiegato martedì il vice presidente del Chin National Front, Sui Khar – la nostra tattica è: dai villaggi, alle città, alla capitale».

Per spezzare questa catena, le autorità birmane hanno importo il coprifuoco nella capitale del Rakhine, Sittwe, obbligando i negozi a chiudere alle 20.30 e la popolazione a non uscire di casa dopo le 21. Secondo alcuni abitanti della città le strade sarebbero pattugliate dai blindati dell’esercito.

L’avvio dei combattimenti sui confini occidentali del Myanmar tra eserciti ribelli e truppe regolari, che in questi casi non esitano a impiegare né l’artiglieria pesante né l’aeronautica militare, ha provocato la fuga di migliaia di civili verso il Mizoram, uno degli otto piccoli Stati che compongono il cosiddetto Nord-Est dell’India, una regione che si trova a est del Bangladesh e che è collegata al resto del Paese da una sottile lingua di territorio chiamata Chicken’s Neck.

Il Mizoram, dove pochi giorni fa si è votato per il rinnovo del Parlamento locale, è lo Stato indiano che negli ultimi mesi ha vissuto più di ogni altro il fenomeno migratorio, con migliaia di profughi in arrivo dallo Stato indiano di Manipur, dove le tensioni tra la popolazione di etnia Meitei che risiede nelle valli e quella di etnia Kuki-Zo che tradizionalmente occupa le regioni montuose sono esplose con incidenti e decine di morti.

Nel frattempo, gli sforzi diplomatici per portare in salvo i cittadini stranieri dalle regioni orientali teatro dei combattimenti stanno portando i primi risultati. Ieri il governo di Seul ha annunciato che 19 cittadini sudcoreani che si trovavano prigionieri nello Stato di Shan sono stati tratti in salvo e ora si trovano nella ex capitale birmana Yangon.

Secondo un recente rapporto dell’Alto commissariato dell’Onu per i Diritti umani, le regioni del Myanmar al confine con Cina e Thailandia dove è partita l’insurrezione sono da anni al centro di una fiorente industria del gioco d’azzardo e delle truffe online.

A lavorarvi, spesso in condizione di schiavitù, sono centinaia di migliaia di persone provenienti da tutta l’Asia attirate con la promessa di guadagni facili e poi fatte prigioniere e obbligate a commettere reati online. Il fenomeno non riguarda solo il Myanmar, ma anche alcune regioni di confine di Thailandia, Laos e Cambogia dove il controllo esercitato dalle autorità è labile o assente del tutto.

Fonti: Articolo del 15/11/23 del Sole 24 Ore. Foto di Osservatorio Diritti.